I tipi di sake

Impariamo a riconoscere le diverse caratteristiche dei diversi tipi sake per apprezzarli meglio e farli apprezzare meglio ai nostri clienti.

Come per i vini, esistono i tanti tipi di sake.
I diversi tipi di sake si  distinguono in base al grado di raffinatura del riso impiegato (che non è lo stesso riso usato per l’alimentazione umana) e alla aggiunta (o meno) di alcol. Per quanto riguarda la raffinatura del riso, maggiore è il grado maggiore sarà il grado di pulizia del gusto del sake. Altri indicatori di differenza tra le varie tipologie sono la presenza di zucchero e l’acidità.
Durante la produzione dei diversi tipi di sake è possibile aggiungere alcol distillato. In base all’aggiunta o meno di alcol distillato si ottengono tipologie differenti di sake da ogni tipo di raffinatura del riso.
L’aggiunta di alcol non serve ad alzare il grado alcolico (infatti il sake viene poi diluito con acqua per riabbassare il grado), ma a fissare ed esaltare alcuni aromi e rendere il sapore del sake più pulito. Molti premium sake hanno alcol aggiunto, mentre i sake senza aggiunta di alcol, invece, tendono ad essere più saporiti e ricchi al palato e vengono definiti Junmai.

Sake

le principali tipologie

Daiginjo

Il daiginjo è un tipo di ginjo fatto con riso con almeno il 50% di strato esterno rimosso dal chicco a cui si può aggiungere sino al 10% di alcol distillato sul peso del riso raffinato. Ha una fragranza fruttata, detta ginjo-ka, e una lieve acidità.

Junmai Daiginjo

La varietà Junmai daiginjo è considerata la più prestigiosa. In questo tipo di sake le fragranze fruttate vengono esaltate al massimo con tipiche note di melone, banana, ananas, mela e pesca. I migliori sake appartenenti a questa varietà offrono un eccellente equilibrio nella combinazione di raffinatezza di sapore e acidità / umami.

Junmai

Questo tipo di sake, ricavato solo da riso, koji e acqua, sottolinea il sapore del riso e del koji ancor più che nelle altre varietà.
Il junmai è tipicamente piuttosto acido e dall’umami evidente, con un grado di dolcezza relativamente basso.
Non richiede particolari requisiti di raffinatura del riso.

Tokubetsu Junmai

‘Tokubetsu’ significa letteralmente ‘speciale’ e gli viene attribuito questo appellativo perchè i tokubetsu sono ‘speciali’, nel metodo di produzione o in altre caratteristiche. In particolare il tokubetsu junmai di Nanbubijin è prodotto con un riso raffinato al 5% in più rispetto ad un tradizionale junmai ed è certificato kosher, mentre Haiku, il tokubetsu di Gekkeikan, è prodotto con un riso raffinato il 10% in più.

Honjozo e Tokubetsu Honjozo

Questa varietà si caratterizza per l’aggiunta di alcol è per una sbramatura del riso tra il 70 e il 60% (cioè viene tolto il 30-40% della parte esterna del chicco). Gli honjozo si caratterizzano per sapori forti mentre l’aroma dato dall’invecchiamento, è minore. Possiede una certa acidità e umami, e anziché l’aroma e il sapore del sake in sé sottolineano il sapore dei cibi con cui si accompagna.

Nigorizake

È un tipo di sake parzialmente filtrato, che si caratterizza per il colore biancastro determinato dal moromi, il sedimento di riso che rimane dopo il primo filtraggio a maglie larghe; l’acidità e la dolcezza date da questo particolare fondo in bottiglia lo rendono un buon accompagnamento per frutta, dessert e cibi piccanti.

Namazake

È un tipo di sake crudo, cioè non pastorizzato. Questo permette di conservare intatti e più pungenti i sentori caseari, fruttati ed erbacei.
In particolare questo Nama di Gekkeikan può essere conservato al di fuori della catena del freddo.

Taruzake

È il sake affinato in botti di legno cedro per un periodo di sei mesi, e per questo dal particolare aroma erbaceo e speziato del legno.

Koshu

È il sake maturato a lungo, come questo Tairo di Taga che è il risultato di oltre 16 anni di invecchiamento e che presenta note al naso di prugna, funghi e legno mentre in bocca ha il sapore dolce di castagna, caramello, noci e mandorla. Ottimo a fine pasto e anche versato sul gelato.

Come si serve

Temperature e abbinamenti

La temperatura di servizio dei sake è molto variabile: può essere servito sia caldo, sia freddo, la cosa importante è che sia fresco di produzione (entro l’anno) per mantenere i suoi profumi.

I sake più delicati e fruttati si servono freddi tra i 5 e gli 8 gradi, i junmai o gli honjozo si prestano anche ad essere riscaldati. Il corretto servizio del sake caldo prevede di immergere il tokkuri, la bottiglietta in ceramica per il sake, in una pentola con acqua calda fino a raggiungere la temperatura desiderata che solitamente è tra i 40 e 50 gradi.

Gli abbinamenti sono i classici della cucina giapponese, quali sushi, sashimi, tempura e udon, preparazioni delicate e struttura debole, per le quali il vino potrebbe risultare troppo invasivo e con persistenze eccessive. Il sake però, proprio grazie alla sua bassa acidità, si abbina con facilità a tantissimi piatti delle cucine di tutto il mondo. Si accompagna bene anche a piatti occidentali, in particolare quelli di carne o pesce. Da provare l’abbinamento con alcuni prodotti tipici italiani particolarmente ricchi di umami come il prosciutto crudo o il parmigiano reggiano. Esperimenti recenti come il sake frizzante o i sake con succo di yuzu si prestano bene anche per i cocktail sake che stanno conquistando i bartender di tutto il mondo.

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